Per la Corte di giustizia dell’Unione Europea non è possibile procedere con il rinnovo automatico delle concessioni. Le concessioni di occupazione delle spiagge non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di procedure di gara. L’Italia è tenuta ad applicare le norme Europee disapplicando all’uopo quelle del diritto nazionale non conformi ad esse.

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Una sentenza che pone (forse) la parola fine all’annosa vicenda sulla necessità o meno di procedere a bandire delle forme di evidenza pubblica per la selezione dei futuri beneficiari delle concessioni balneari.

Le autorità amministrative competenti e i Comuni dovranno pertanto procedere organizzandosi in tal senso. Occorre quindi ora concentrarsi sui parametri delle aste facendo attenzione a bilanciare il delicato rapporto tutele e garanzie di partecipazione per non incorrere a impugnazioni e ricorsi.

Lo studio legale Di Giacinto offre una consulenza per tutte le incombenze necessarie sia in favore della Pubblica Amministrazione e sia in favore dei privati.

La questione:

Il Comune di Ginosa, con delibera del 24 dicembre 2020, rettificata con successiva delibera del 17 febbraio 2021 (in prosieguo, congiuntamente: la «delibera controversa»), ha adottato, in particolare, una comunicazione preliminare di carattere ricognitivo volta ad informare tutti i titolari di concessioni di occupazione del demanio marittimo nel territorio di detto comune del fatto che tali concessioni sarebbero state prorogate, conformemente alle disposizioni dell’articolo 1, commi 682 e 683, della legge n. 145/2018 e dell’articolo 182 del decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge del 17 luglio 2020, n. 77 (in prosieguo, congiuntamente: le «disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni»).

Ritenendo che la delibera controversa violasse gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché l’articolo 12 della direttiva 2006/123, l’AGCM ha notificato a detto comune un parere motivato, con il quale gli ha ricordato l’obbligo di una previa procedura ad evidenza pubblica, al fine di garantire il rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento. Tale autorità ha rilevato, in particolare, che le disposizioni nazionali di proroga automatica delle concessioni violavano detta direttiva, cosicché tutti gli organi dello Stato dovevano disapplicarle.

Poiché il Comune di Ginosa ha rifiutato di adeguarsi a tale parere, l’AGCM ha adito il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Italia), giudice del  rinvio, proponendo un ricorso diretto all’annullamento della delibera controversa e di tutti gli attestati di proroga rilasciati successivamente.

Il Comune di Ginosa e le altre parti del procedimento principale sostengono che, poiché la direttiva 2006/123 non sarebbe «self-executing», occorrerebbe applicare la legge n. 145/2018 al fine di salvaguardare il principio di certezza del diritto. Inoltre, i presupposti fondamentali per l’applicazione di tale direttiva, relativi alla scarsità della risorsa naturale di cui trattasi e, di conseguenza, al numero limitato di autorizzazioni disponibili, non sarebbero soddisfatti nel territorio costiero di tale comune, in quanto numerose aree ulteriori sarebbero disponibili oltre a quelle già affidate in concessione. Neppure la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo sarebbe stata dimostrata.

Inoltre, il diniego generalizzato di proroga delle concessioni di occupazione del demanio marittimo derivante dalla mera disapplicazione di tale legge violerebbe manifestamente il diritto di proprietà dell’azienda, nonché il principio di tutela del legittimo affidamento, in assenza di una qualsiasi previsione di indennizzo per gli investimenti effettuati e l’avviamento commerciale. Tale diniego non consentirebbe neppure di valutare caso per caso i tempi di ammortamento degli investimenti effettuati e neppure i casi specifici in cui sul demanio siano state realizzate strutture in muratura debitamente autorizzate.

In merito a tutti questi aspetti il giudice del rinvio rileva che, in origine, l’articolo 37 del codice della navigazione imponeva l’esperimento di una procedura di valutazione comparativa degli aspiranti al rilascio di tale concessione solo nel caso di presentazione di più domande di rilascio di una concessione sul medesimo bene demaniale. Tuttavia, in siffatta ipotesi, ai sensi del secondo comma, seconda frase, di tale articolo, il titolare di detta concessione godeva di un diritto di insistenza o al rinnovo. Nel corso del 1993 è stato introdotto il rinnovo automatico delle concessioni in essere di sei anni in sei anni e nel 2006 la durata massima di una concessione demaniale è stata fissata a venti anni.

Dopo l’avvio, da parte della Commissione, della procedura d’infrazione n. 2008/4908, la Repubblica italiana ha adottato il decreto-legge n. 194/2009, il cui articolo 1, comma 18, abrogava l’articolo 37, secondo comma, seconda frase, del codice della navigazione e prorogava le concessioni in essere fino al 31 dicembre 2012. Tale termine è stato successivamente esteso al 31 dicembre 2015 con una legge del 26 febbraio 2010.

Tenuto conto di tali modifiche e dell’impegno delle autorità italiane a conformarsi al diritto dell’Unione, il 27 febbraio 2012 la Commissione ha deciso di archiviare la procedura d’infrazione.

Ciononostante, alla fine del 2012 le concessioni di occupazione del demanio marittimo sono state prorogate di cinque anni, vale a dire fino al 31 dicembre 2020. Inoltre, in prossimità di tale scadenza e senza che il diritto italiano si conformasse alla direttiva 2006/123, l’articolo 1, commi 682 e 683, della legge  n. 145/2018 ha disposto un’ulteriore proroga delle concessioni in vigore, fino al 31 dicembre 2033.

Secondo il giudice del rinvio, quest’ultima proroga delle concessioni di occupazione del demanio marittimo costituisce una violazione manifesta della direttiva 2006/123 e, in ogni caso, dell’articolo 49 TFUE. In tale contesto, alcuni comuni avrebbero applicato la legge n. 145/2018 e concesso la proroga fino al 31 dicembre 2033, mentre altri si rifiuterebbero di farlo, senza tuttavia applicare il diritto dell’Unione. Altri ancora, dopo aver concesso tale proroga, ne hanno disposto l’annullamento nell’ambito del loro potere di autotutela. Infine, taluni comuni avrebbero preferito restare inerti rispetto alle istanze di proroga delle concessioni loro presentate. Una siffatta situazione comporterebbe incertezza del diritto e avrebbe ripercussioni negative sull’economia dell’intero settore di cui trattasi.

Il giudice del rinvio deduce dalla sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), che, in assenza di una qualsivoglia procedura di selezione tra i candidati potenziali, le disposizioni nazionali che prevedono una proroga automatica delle concessioni sono incompatibili sia con l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva sia con l’articolo 49 TFUE, nei limiti in cui, in quest’ultimo caso, tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo. L’articolo 12 di detta direttiva non potrebbe tuttavia produrre un effetto di esclusione delle norme nazionali difformi, dal momento che tale articolo 12, paragrafo 3, demanda espressamente agli Stati membri il compito di stabilire le regole della procedura di selezione.

A tal proposito, il giudice del rinvio dissente dal Consiglio di Stato (Italia), il quale, in due sentenze del 9 novembre 2021, nn. 17 e 18, pronunciate in Adunanza plenaria, ha dichiarato che la Corte aveva espressamente riconosciuto, con la sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), il carattere self-executing di detto articolo 12. Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che il differimento degli effetti di tali due sentenze, stabilito dal Consiglio di Stato, non sia coerente con il riconoscimento di un’efficacia diretta della direttiva 2006/123. Sebbene tale soluzione miri verosimilmente a consentire al legislatore italiano di adottare una normativa nazionale di concreta attuazione di tale direttiva, essa comporterebbe un’ulteriore proroga automatica e generalizzata del termine di scadenza delle concessioni demaniali in essere dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2023.

Infine, il giudice del rinvio non condivide neppure la scelta del Consiglio di Stato, di qualificare la direttiva 2006/123 come direttiva di liberalizzazione e non già di armonizzazione e ritiene quindi che, conformemente all’articolo 115 TFUE, tale direttiva avrebbe dovuto essere adottata all’unanimità e non già a maggioranza dei voti del Consiglio.

Ciò premesso, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la direttiva 2006/123 risulti valida e vincolante per gli Stati membri o se invece risulti invalida in quanto – trattandosi di direttiva di armonizzazione – adottata solo a maggioranza invece che all’unanimità, in violazione dell’articolo 115 [TFUE].

2) Se la direttiva 2006/123 (…) presenti o meno oggettivamente ed astrattamente i requisiti minimi di sufficiente dettaglio della normativa e di conseguente assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da potersi ritenere la stessa auto-esecutiva e immediatamente applicabile.

3) Qualora ritenuta la direttiva 2006/123 non self-executing, se risulti compatibile con i principi di certezza del diritto l’effetto di mera esclusione o di disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale anche nell’ipotesi in cui non risulti possibile per il giudice nazionale il ricorso all’interpretazione conforme ovvero se invece, in siffatta ipotesi, non debba o possa trovare applicazione la legge nazionale, ferme restando le specifiche sanzioni previste dall’ordinamento [dell’Unione europea] per l’inadempimento dello Stato nazionale rispetto agli obblighi derivanti dalla adesione al [Trattato FUE] (articolo 49), ovvero derivanti dalla mancata attuazione [di tale] direttiva (procedura di infrazione).

4) Se l’efficacia diretta dell’articolo 12, paragrafi 1, 2, 3 della direttiva 2006/123 equivalga al riconoscimento della natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva medesima ovvero se, nell’ambito di una direttiva di armonizzazione quale quella in esame (“si deve ritenere che gli artt. da 9 a 13 della direttiva provvedano ad una armonizzazione esaustiva …” ex sentenza [del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558)]), debba intendersi come prescrizione per lo Stato nazionale di adottare misure di armonizzazione non generiche, ma vincolate nel loro contenuto.

5) Se la qualificazione di una direttiva come auto-esecutiva o meno e, nel primo caso, la disapplicazione meramente ostativa della legge nazionale possa o debba ritenersi di esclusiva competenza del giudice nazionale (al quale sono all’uopo attribuiti specifici strumenti di supporto interpretativo quali il ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ovvero al giudizio di legittimità costituzionale) ovvero anche del singolo funzionario o dirigente di un comune.

6) Qualora invece ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, premesso che l’articolo 49 [TFUE] risulta ostativo alla proroga automatica delle concessioni-autorizzazioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo solo “nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”, se la sussistenza di tale requisito costituisca o meno un presupposto necessario anche con riferimento all’applicazione dell’articolo 12 paragrafi 1 e 2 [di tale] direttiva (…).

7) Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso articolo 49 [TFUE] una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito dell’interesse transfrontaliero certo riferito tout-court all’intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale.

8) Se risulti coerente rispetto ai fini perseguiti dalla direttiva 2006/123 e dallo stesso articolo 49 [TFUE] una statuizione da parte del giudice nazionale relativa alla sussistenza, in via generale ed astratta, del requisito della limitatezza delle risorse e delle concessioni disponibili riferito tout-court all’intero territorio nazionale ovvero se, viceversa, stante in Italia la competenza dei singoli comuni, tale valutazione non debba intendersi riferita al territorio costiero di ciascun comune e, quindi, riservata alla competenza comunale.

9) Qualora in astratto ritenuta la direttiva 2006/123 self-executing, se tale immediata applicabilità possa ritenersi sussistere anche in concreto in un contesto normativo – come quello italiano – nel quale vige l’articolo 49 Codice della Navigazione (che prevede che all’atto di cessazione della concessione “tutte le opere non amovibili restano acquisite allo Stato senza alcun compenso o rimborso”) e se tale conseguenza della ritenuta natura self-executing o immediata applicabilità della direttiva in questione (in particolare con riferimento a strutture in muratura debitamente autorizzate ovvero a concessioni demaniali funzionalmente collegate ad attività turistico ricettiva, come hotel o villaggio) risulti compatibile con la tutela di diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, riconosciuti come meritevoli di tutela privilegiata nell’Ordinamento dell’Unione europea e nella Carta dei Diritti Fondamentali [dell’Unione europea]».

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20.000 concessioni in 8.000 km di coste