La recente sentenza n. 3581/2024 emessa dalla Cassazione ha posto sotto la lente d’ingrandimento un tema giuridico di notevole interesse: il carattere “confessorio” dell’annotazione contabile di fatture regolarmente emesse e non contestate. Questo caso, che coinvolge una società di smaltimento di rifiuti di lavorazione, ha evidenziato l’importanza della fattura commerciale non solo come mezzo di prova, ma anche come strumento che può costituire piena prova dell’esistenza di un contratto.

Il principio di diritto stabilito dalla Cassazione è chiaro e incisivo: la fattura commerciale non è solo un documento probatorio nei confronti dell’emittente, ma può rappresentare una prova completa nei confronti di entrambe le parti coinvolte. Questo avviene quando la fattura è accettata dal contraente destinatario della prestazione e annotata nelle scritture contabili.

Nel caso specifico, una società di smaltimento di rifiuti di lavorazione aveva visto cancellare un decreto ingiuntivo a seguito dell’opposizione dell’impresa che le aveva conferito i materiali di scarto. Quest’ultima contestava le prestazioni indicate in fattura, sostenendo che non corrispondessero a quanto stabilito nel contratto. Sorprendentemente, il destinatario della fattura non aveva avanzato alcuna contestazione in via stragiudiziale, ma solo in sede di opposizione al decreto monitorio ottenuto dall’emittente.

Il giudice di primo grado aveva accolto l’opposizione senza attribuire il giusto valore probatorio al documento commerciale e al comportamento del destinatario, che aveva accettato la fattura con relativa annotazione contabile. La Cassazione, nel suo verdetto, ha sottolineato l’errore commesso dal giudice distrettuale, evidenziando che non era stata data la dovuta considerazione all’efficacia obbligatoria piena dell’atto ricognitivo rappresentato dalla fattura.

La Corte Suprema ha sottolineato che la sentenza impugnata aveva trascurato di esaminare la rilevanza della fattura ai fini della dimostrazione dell’accordo contrattuale sotteso alla sua emissione. Inoltre, non erano state considerate l’annotazione nelle scritture contabili del destinatario e la mancanza di contestazione stragiudiziale del documento, che costituiva un atto unilaterale e partecipativo regolarmente inviato.

In conclusione, la sentenza della Cassazione ribadisce che la fattura commerciale, oltre ad avere efficacia probatoria, può costituire piena prova dell’esistenza di un contratto. L’annotazione della fattura nelle scritture contabili è considerata idonea prova scritta tra imprenditori dell’esistenza del credito, in virtù della sua natura confessoria, come previsto dall’articolo 2720 del Codice Civile.

Questo importante pronunciamento giurisprudenziale stabilisce un chiaro precedente in materia di diritto commerciale e conferma la centralità della fattura nell’economia giuridica delle transazioni commerciali.